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[ quaderno M ]
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Per l'arte è noto che determinati suoi periodi di fioritura non stanno assolutamente in rapporto con lo sviluppo generale della società, né quindi con la base materiale, con l’'ossatura per cosi dire della sua organizzazione. Per es. i greci paragonati con i moderni, o anche Shakespeare. Per certe forme dell'arte, per es. per l'epica, si riconosce addirittura che esse non possono più prodursi nella loro forma classica, nella forma che fa epoca, quando fa la sua comparsa la produzione artistica come tale; e che, quindi, nella sfera stessa dell’arte, certe sue importanti manifestazioni sono possibili solo in uno stadio non sviluppato dell'evoluzione artistica. Se questo è vero per il rapporto dei diversi generi artistici nell'ambito dell'arte stessa, sarà tanto meno sorprendente che ciò accada nel rapporto tra l'intero dominio dell'arte e lo sviluppo generale della società. La difficoltà sta solo nella formulazione generale di queste contraddizioni. Non appena vengono specificate, esse sono già chiarite. Prendiamo, ad es., il rapporto dell'arte greca e poi di Shakespeare con l'età presente. E’ noto che la mitologia greca non fu soltanto l'arsenale ma anche il terreno nutritivo dell'arte greca. E’ possibile la concezione della natura e dei rapporti sociali che sta alla base della fantasia greca, e perciò dell'arte greca, con le filatrici automatiche, le ferrovie, le locomotive e il telegrafo? Che ne è di Vulcano a petto di Roberts e Co., di Giove di fronte al parafulmine, di Ermete di fronte al Credit mobilier? Ogni mitologia vince, domina e plasma le forze della natura sull’immaginazione e mediante l'immaginazione: essa scompare quindi allorché si giunge al dominio effettivo su quelle forze. Che cosa diventa la Fama di fronte a Printinghouse Square? L'arte greca presuppone la mitologia greca, e cioè la natura e le forme sociali stesse già elaborate dalla fantasia popolare in maniera inconsapevolmente artistica. Questo è il suo materiale. Non una qualsiasi mitologia, cioè non una qualsiasi elaborazione inconsapevolmente artistica della natura (ivi compreso ogni elemento oggettivo e quindi anche la società). La mitologia egiziana non avrebbe mai potuto essere il terreno o la matrice dell'arte greca. Ma, in ogni caso, occorreva una mitologia. E, quindi, in nessun caso uno sviluppo sociale che escluda ogni rapporto mitologico con la natura, ogni riferimento mitologizzante ad essa, e che quindi pretenda dall’artista una fantasia indipendente dalla mitologia. D'altro lato è possibile Achille con la polvere da sparo e il piombo? O, in generale, l'Iliade con il torchio tipografico o addirittura con la macchina tipografica? Con la pressa del tipografo non scompaiono necessariamente il canto, le saghe, la Musa, e quindi le condizioni necessarie della poesia epica? Ma la difficoltà non sta nell'intendere che l'arte e l'epos greco sono legati a certe forme dello sviluppo sociale. La difficoltà è rappresentata dal fatto che essi continuano a suscitare in noi un godimento estetico e costituiscono, sotto un certo aspetto, una norma e un modello inarrivabili. Un uomo non può tornare fanciullo o altrimenti diviene puerile. Ma non si compiace forse dell'ingenuità del fanciullo e non deve egli stesso aspirare a riprodurne, a un più alto livello, la verità? Nella natura infantile, il carattere proprio di ogni epoca non rivive forse nella sua verità primordiale? - E perché mai la fanciullezza storica dell'umanità, nel momento più bello del suo sviluppo, non dovrebbe esercitare un fascino eterno come stadio che più non ritorna? Vi sono fanciulli rozzi e fanciulli saputi come vecchietti. Molti dei popoli antichi appartengono a questa categoria. I greci erano fanciulli normali. Il fascino che la loro arte esercita su di noi non è in contraddizione con lo stadio sociale poco o nulla evoluto in cui essa matura. Ne è piuttosto il risultato, inscindibilmente connesso con il fatto che le immature condizioni sociali in cui essa sorse e solo poteva sorgere, non possono mai più ritornare.[1]

[1] - Karl Marx, dal Quaderno M dei Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica, (Grundrisse der Kritik politischen Okonomie,1857-1858), in Lineamenti…, cit., p. 39-40.



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